Di Ivan Giacomuzzi
La vicenda. Un istituto di credito italiano concedeva ai suoi clienti un finanziamento personale, proponendo contestualmente la sottoscrizione di una polizza assicurativa per rischi non correlati al finanziamento. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ritenendo che l’abbinamento forzato ad un contratto di finanziamento di prodotti assicurativi non correlati al credito costituisse una pratica commerciale sleale, comminava all’istituto di credito una sanzione pecuniaria. Il Consiglio di Stato, investito dell’appello avverso il rigetto del ricorso proposto davanti al Tar del Lazio, sollevava un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Le principali questioni pregiudiziali. Le questioni pregiudiziali più rilevanti sottoposte alla Corte di Giustizia riguardano la nozione di “consumatore medio” di cui alla Direttiva 2005/29, il carattere sleale del c.d. framing, e infine la possibilità per l’AGCM di imporre un periodo di riflessione tra la sottoscrizione dei contratti proposti in abbinamento.
La decisione. La Direttiva 2005/29 vieta le pratiche commerciali sleali, cioè quelle pratiche commerciali contrarie alla diligenza professionale e che falsino o che siano idonee a falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore medio in relazione al prodotto. Sono considerate sleali le pratiche aggressive e le pratiche ingannevoli. In particolare, sono considerate pratiche commerciali ingannevoli quelle pratiche che, in qualsiasi modo, ingannino o possano ingannare il consumatore inducendolo o potendolo indurre ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Il consumatore medio è quel consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. La scienza comportamentale, con le teorie della razionalità limitata, ha tuttavia dimostrato che le persone tendono ad agire in modo irragionevole. Nel delineare la figura del consumatore medio si deve perciò tenere conto di queste distorsioni cognitive, purché siano tali da falsare il comportamento di una persona normalmente informata e ragionevolmente attenta ed avveduta. Una possibile distorsione cognitiva può essere provocata dal c.d. framing (incorniciamento), che consiste nell’accostare più informazioni in un unico riquadro. Questa tecnica, se usata nella presentazioni di più prodotti, potrebbe indurre il consumatore a credere di non poter acquistare un prodotto separatamente dall’altro. Il framing non è tuttavia compreso nell’elenco delle pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali, di cui all’Allegato I della Direttiva. Spetta allora all’autorità giurisdizionale dello Stato membro verificare, volta per volta, se l’incorniciamento sia idoneo a indurre il consumatore a credere che non sia possibile ottenere il finanziamento senza la sottoscrizione del prodotto assicurativo. Il diritto dell’Unione non osta a che una autorità nazionale, accertato il carattere sleale di una pratica commerciale di incorniciamento, possa imporre al professionista di concedere al consumatore un periodo di riflessione di durata ragionevole tra la sottoscrizione dei due contratti. In ogni caso, la cessazione del carattere sleale della pratica deve essere conseguito con la misura meno lesiva possibile della libertà d’impresa.